Podere Malvarosa, l’imprenditoria femminile lucana che va “oltre il bio”

foto-olio-bio-1024x685

Condividi su:

Facebook
Twitter
LinkedIn

Podere Malvarosa è una piccola realtà rurale femminile di agricoltura biologica certificata dell’area Vulture-Melfese, in Basilicata. Dedita alla produzione di olio extra vergine di oliva, erbe aromatiche e da tisane, frutta e ortaggi, ha al suo timone una giovane donna: Raffaella Irenze (nella foto sotto). Conosciamola meglio.

“Podere Malvarosa è prima di tutto un concetto di vita: oggi l’ agricoltura è cultura. Questo progetto nasce da un sogno che da sempre ho portato dentro di me. Sono cresciuta nel podere dei miei nonni e conservo emozioni forti legate ad ogni stagione. Sono nitide nella mia mente le immagini di vita passate, dei nonni a lavoro, della bisnonna e dei suoi fiori. Oggi, l’ agricoltura diventa insegnamento: imparare l’educazione alimentare e l’importanza del cibo, la sua produzione, il lavoro della coltivazione e la conoscenza della natura. Podere Malvarosa è un racconto di vita e di terra. L’olio extra vergine d’oliva viene prodotto con passione e amore. Seguo tutta la produzione per ottenere un olio dalle ottime qualità nutritive e organolettiche, per far sì che l’ olio rispecchi le caratteristiche distintive del sud Italia. L’oliveto accoglie la flora spontanea del territorio che si alterna alle coltivazioni dei fiori e delle piante utili. L’orto, durante l’anno, permette il nostro sostentamento. Il campo delle piante officinali annuncia nuovi progetti che si evolveranno in trasformazioni erboristiche. I fiori abbelliscono il podere, e finiscono sui piatti degli chef che con noi lavorano per offrire piatti del territorio”.

Perché un’azienda bio, quali le difficoltà e i punti di forza? Castighi normativi e gabbie commerciali, mi riferisco al percorso per accreditarsi e farsi riconoscere come bio.
“Per le piccole aziende familiari, oggi, il biologico diventa un punto di forza perché aumenta il valore delle produzioni; nonostante la cosa più importante sia metterci la faccia, spesso chi non conosce la realtà, non avendola potuta visitare, ha bisogno di certezze diverse, quali oggi il marchio biologico che certifica la coltivazione attraverso una metodologia più rispettosa per la terra. Non è semplice oggi essere biologici, il primo limite è avere una azienda bio in un territorio con produzioni intensive con utilizzo di fitofarmaci e anche diserbo. Spesso il tutto legato ad una questione culturale. Mi capita spesso di osservare altri agricoltori utilizzare sostanze fogliari nei giorni di vento. Nel frattempo il biologico, ma semplicemente il metodo di coltivazione senza utilizzo di sostanze di sintesi, crea un piccolo ecosistema ricco di biodiversità. Credo nella genuinità dei prodotti e nel ritmo delle stagioni, evitiamo le forzature per avere ogni prodotto durante il proprio periodo di maturazione. La parte burocratica del biologico credo sia ancora la più grande pecca per questo tipo di coltivazione. Ad esempio, uno dei problemi più grandi è sempre preparare una etichetta che “accontenti” due certificatori diversi. La procedura per niente snella costringe agricoltore e grafico a fare mille modifiche prima di ottenere le autorizzazioni. Anche il percorso per l’ accreditamento è abbastanza difficile da affrontare: c’è bisogno di formazione e conoscenza, perché spesso un piccolo agricoltore non può permettersi un tecnico che segua la burocrazia del biologico, ma essendo complicato da seguire spesso si sbaglia e ci si imbatte in errori che rallentano la conversione”.

Prodotti, profumi, colori e tecniche di produzione. Quei solchi da cui trasuda terra e vita.
Oltre il bio. È questa la regola più importante. Per me il biologico è più che altro un marchio che caratterizza i miei prodotti. Ma la produzione è molto più complessa. Nel biologico classico oggi è possibile utilizzare prodotti consentiti che non rispecchiano il mio modo di coltivare. Produco direttamente in azienda i biostimolanti utilizzando gli scarti delle coltivazioni e i microelementi reperibili sul territorio. Fondamentali sono gli scarti di derivazione animale come il letame, il siero di latte, la propoli.  Uno dei periodi che preferisco è quando irroro l’oliveto con la propoli, il suo profumo intenso si diffonde per giorni in tutto il campo e si mischia al profumo delle fioriture. Ma anche il periodo di raccolta delle olive che terminano con le serate passate in frantoio ad attendere che la pasta di olive arrivi alla gramola per poter aprire lo sportellino ed annusare intensamente il profumo del nostro lavoro durato un anno. Quel fruttato profondo che permetterà al nostro olio di essere valutato e inserito tra gli oli selezionati migliori in Italia”.


Raffaella e il suo impegno nelle associazioni di categoria. Progetti bio per la Basilicata. Una terra di aziende bio ma solo in poche si rendono riconoscibili sul mercato e arrivano alla GDO. Cos’altro si può fare?
“Il mio percorso in agricoltura mi ha portata a ricoprire il ruolo di rappresentanza delle Donne Coldiretti Basilicata. Donne Impresa è il nostro movimento che tra le tante cose ci impegna, in quanto agricoltrici, a divulgare l’ educazione alimentare e alla campagna amica. Attraverso le nostre fattorie didattiche e le nostre aziende multi-funzionali offriamo agri-cultura e regaliamo conoscenza, fondamentale oggi per potersi riconnettere con la natura. C’è ancora tanto da fare per il biologico in Basilicata. I nostri prodotti diventano prodotti di nicchia che difficilmente possono affacciarsi nella GDO. Le produzioni agricole in zone marginali e di montagna sono specifiche per la vendita diretta o vicinale. Credo che la GDO non sia il canale giusto per noi piccole aziende, perché il valore del nostro prodotto verrebbe inutilmente svalutato. Vero è che immettersi da soli sul mercato a volte crea non poche difficoltà, per questo resto dell’idea che prima di tutto dobbiamo rafforzare il km 0 e i mercati, per permettere ai cittadini di avere disponibile prodotti che sono di qualità e del territorio, che non hanno viaggiato e che sono veramente freschi. Uno degli esempi più rappresentativi di questa relazione tra produttore e consumatore fondamentale sui territori è il mercato Campagna Amica di Coldiretti che crea una offerta completa includendo tutti i comparti alimentari rappresentati da imprenditori della Regione”.

Maria Ida Settembrino

Seguici sui social

Notizie da GreenPlanet

news correlate

INSERISCI IL TUO INDIRIZZO EMAIL E RESTA AGGIORNATO CON LE ULTIME NOVITÀ