CCPB: nuovo modello di certificazione

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La sostenibilità è sempre più un elemento di valutazione della bontà di prodotti e processi; salvaguardia delle risorse ambientali, necessità di ridurre il cambiamento climatico e garantire la perpetuazione dei processi produttivi per le generazioni future sono gli elementi che hanno condotto la società civile, e in questo l’UE si è distinta nel panorama internazionale, a fissare obiettivi di politica economica che tengano in considerazione la riduzione dei gas serra, il risparmio energetico e la disponibilità di fonti energetiche rinnovabili.

A tal fine CCPB srl, organismo di controllo e certificazione, propone, insieme ai suoi partner tecnico-scientifici, un innovativo modello di valutazione e certificazione incentrato su due disciplinari tecnici che fissano requisiti e criteri per il calcolo degli impatti ambientali dei prodotti delle filiere agroalimentari ed agroenergetiche.

Un servizio di valutazione studiato con l’intento di fornire non solo un’opportunità in termini di marketing, per promuovere determinati marchi e segmentare l’offerta, ma soprattutto uno strumento di monitoraggio e valutazione dei processi produttivi, e di conseguenza del loro snodarsi lungo le filiere, attraverso un sistema di analisi univoco e condiviso che si fonda sulla metodologia LCA (Ciclo di Vita del Prodotto).

“Attualmente non esiste un modello di certificazione specifico e universalmente riconosciuto per il calcolo degli impatti ambientali dei prodotti del comparto agroalimentare – osserva Fabrizio Piva, Amministratore Delegato di CCPB srl – Quando parliamo di impatti intendiamo 10 categorie fra le quali le emissioni in gas serra, il consumo idrico, l’uso del suolo, il potenziale acidfificante ed eutrofizzante dell’acqua e l’incidenza della quota di energia da fonti rinnovabili sul totale dell’energia utilizzata. Per questo intendiamo offrire una metodologia condivisa che si pone l’obiettivo da un lato di fornire alle aziende indicazioni precise su come ottimizzare i processi produttivi, dall’altro di giungere al consumatore finale con una comunicazione chiara e trasparente”.

La metodologia LCA è universalmente riconosciuta e la sua applicazione si fonda su norme ISO (ISO 14025:2006, ISO 14040:2006 ed ISO 14044:2006); la valutazione dei processi produttivi e la correttezza delle imputazioni in termini di input e di consumi energetici si basa sull’esperienza di CCPB e sul rispetto della Norma UNI CEI EN 45011 (ISO 65 in ambito internazionale). Attraverso l’esame puntuale dei processi produttivi è possibile prendere in esame l’effettivo utilizzo dei vari input e di conseguenza il consumo energetico, non sottovalutando tutti gli elementi di variabilità agro-climatica insiti nella produzione primaria ed in taluni metodi, alternativi a questo, non correttamente valutati.

Questo metodo garantisce massima trasparenza nell’approccio e nel calcolo partendo da dati reali emersi dal processo produttivo e da ogni soggetto che vi è intervenuto lungo la filiera, ovvero l’esecuzione del calcolo LCA da parte di istituzioni scientifiche riconosciute a livello nazionale ed internazionale quali Land Lab – Istituto di Scienze della Vita della Scuola S. Anna di Pisa e LCA Lab, spin-off di ENEA.

A trarre vantaggio da questa nuova proposta di certificazione saranno in primo luogo le aziende del settore agroalimentare, ed in particolare anche quelle del settore primario che potranno beneficiare di uno strumento più abbordabile, meno costoso e più rispettoso delle condizioni di variabilità agroclimatica rispetto ad altri metodi maggiormente “eteroguidati” e fondati maggiormente su dati di bibliografia.

Il ricorso a questo metodo consentirà in primis di individuare i punti deboli dei processi e della filiera per intervenire al fine di ottimizzare i processi produttivi, riducendo i sprechi, le inefficienze ed in ultima analisi i costi a favore di una gestione ispirata alla sostenibilità ambientale e ad una maggiore competitività affrontando così anche la sostenibilità economica.

A beneficiare di questa proposta saranno anche i consumatori finali, così maggiormente tutelati sulla qualità dei prodotti e sulla salvaguardia del patrimonio ambientale. “Sempre più, accanto alle informazioni circa l’origine, le caratteristiche funzionali, i valori nutrizionali ed il prezzo, il cittadino-consumatore e le strutture della società civile vorranno conoscere il livello degli impatti ambientali generato dai prodotti e dai loro processi – spiega Piva.

Obiettivo finale di questo nuovo servizio di certificazione, quindi, consiste nel riorientare i processi produttivi tramite il coinvolgimento del mercato e dei consumatori, fornendo quelle informazioni che consentono di comprendere se il prodotto si colloca al di sotto di una determinata soglia di impatto e contribuisce a rispettare gli equilibri ambientali che consentono la “capitalizzazione” futura delle risorse ambientali a sostegno dei cicli produttivi futuri. Questo apre nuovi scenari nel settore agroalimentare ed un maggior coinvolgimento dei grandi player, sia in ambito agroindustriale che nella GDO.

Tutte le recenti ricerche, infatti, dimostrano come il consumatore sia sempre più sensibile alle tematiche della sostenibilità e questa caratteristica è sempre più determinante nella scelta finale di acquisto”

 

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