Casolari e borghi abbandonati, un patrimonio da riscoprire

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In Italia i borghi fantasma, incluse le frazioni, sono circa 130, praticamente tutti sull’Appennino (e ad essi si aggiungono migliaia di casolari isolati abbandonati, in alcuni casi stupende architetture rurali) e sarebbero tutti da raccontare. Un unico, grande museo, memoria della nostra storia da tutelare. Il rilancio dell’Appennino passa attraverso la valorizzazione dei borghi abbandonati.

Per domenica 26 marzo le Guide Ambientali Escursionistiche hanno organizzato una visita guidata a un ‘borgo-fantasma’, risalente al 1600, simbolo dello spopolamento dell’Appennino: gli abitanti lo hanno progressivamente abbandonato ed ora può ‘raccontare’ la sua storia. Si tratta di Bozzi, con le sue case, i suoi cortili, i suoi vicoli, le stalle, i fienili, le cappelle risalenti al ‘600, ai confini tra Emilia, Toscana e Liguria.

L’Appennino è un grande museo. Nelle sole Valli Taro e Ceno, in Emilia, AIGAE ha censito ben 120 mulini ad acqua.

‘Per rilanciare queste valli nascoste e meravigliose – afferma Emanuele Mazzadi, architetto AIGAE, specializzato in restauro degli edifici antichi e presidente delle Guide Ambientali Escursionistiche della Val Taro e Val Ceno in Emilia Romagna – bisogna puntare sulla conservazione della bellezza del paesaggio e sull’attento recupero dei fabbricati e dei borghi. Troppo spesso i borghi storici sono stati rovinati da pessime ristrutturazioni. Noi possiamo illustrare le tecniche costruttive degli edifici, che sfidano il tempo essendo interamente costruiti con materiali reperiti in loco: pietra arenaria e calcarea per i muri, gli archi e le volte, calce per la malta, legno per i solai, i tetti, le pareti divisorie. La conoscenza dei materiali e delle tecniche costruttive locali consente il recupero dei borghi e il rilancio delle valli di montagna’.

A Bedonia (provincia di Parma) è stato possibile restaurare un borgo con edilizia sostenibile a chilometro zero. Per il restauro della pavimentazione è stata usata la pietra arenaria di Carniglia, proveniente dalle vicine cave ed esportata in tutto il mondo. ‘L’Appennino – sostiene l’architetto Mazzadi – è la spina dorsale d’Italia, il crocevia delle culture che compongono la penisola. L’Appennino custodisce tesori meravigliosi, da ritrovare giorno dopo giorno’. E aggiunge: ‘Sempre più olandesi comprano casa e terre sull’Appennino Emiliano. Sono gli stranieri ad avere intuito per primi il potenziale di queste aree (valli del Taro e del Ceno). E intanto c’è un vero boom del turismo ambientale. Potrebbe essere la premessa al ripopolamento dopo l’abbandono degli ultimi decenni’.

Questa dell’AIGAE e altre iniziative – affermiamo noi di GreenPlanet – aprono uno squarcio importante sul grande tema, di cui pochi discutono, del patrimonio architettonico rurale abbandonato in tutta Italia, non solo sull’Appennino (dove però esistono i casi più numerosi e interessanti), ma anche nella pianura padana e nel Sud. Non esiste un censimento dei casolari e borghi storici abbandonati, non esiste una ricerca, non esiste una rassegna fotografica, ma sarebbe il caso che qualcuno iniziasse e portasse avanti questo grande lavoro per un patrimonio prezioso del nostro Paese, parte integrante della sua storia e del suo paesaggio. 

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