Dalla Cina: il cibo ci cambia dentro

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Da oggi la frase ‘L’uomo è ciò che mangia’ potrebbe arricchirsi di nuovi significati in seguito alla scoperta fatta da un gruppo di ricercatori cinesi e pubblicata sulla rivista Cell Biology. Chen-Yu Zhang e colleghi della Università di Nanjiing hanno verificato che i microRNA, piccole sequenze di nucleotidi, contenuti nelle piante si trasferiscono nell’organismo dell’uomo che le consuma e interagiscono con l’espressione dei suoi geni.

Nel sangue di 21 volontari si è cercata la presenza di microRNA derivanti da specie vegetali come il riso, il frumento, le patate e il cavolo. I microRNA non solo si trovano nei campioni di sangue prelevati, ma dimostrano di poter anche modificare le funzioni cellulari dei soggetti testati. Questo è risultato evidente nel caso di un microRNA del riso che si lega ad alcuni recettori che controllano la rimozione del colesterolo LDL (quello cattivo) dal flusso sanguigno, inibendone l’attività.

 

Anche se è sicuramente troppo presto per capire in che modo questa interazione in tutte le sue possibili declinazioni incida sulla salute dell’uomo, quello che è chiaro è che il cibo che mangiamo ha un effetto sui nostri geni. Panorama.it ha intervistato Roberto Defez, primo ricercatore presso l’Istituto di Genetica e Biofisica del Cnr di Napoli.

Dottor Defez, ci aiuti a capire la portata di questa scoperta

La novità consiste nel fatto che il micrRNA ha un effetto diretto sulla regolazione di geni umani, cioè incide sul loro comportamento.

Quali sono le conseguenze ipotizzabili dell’interazione a livello genetico tra piante e uomo?

E’ troppo presto per capire quanto il passaggio dei microRNA possa essere funzionale e quanto e se dannoso. I ricercatori cinesi sostanzialmente dimostrano che questi microRNA si legano a proteine e geni umani e ne influenzano l’espressione. Quanto poi questo trovi una reazione nell’organismo, è aspetto diverso. Dallo studio emerge in pratica che aver mangiato riso per alcuni millenni ha indirizzato le popolazioni a un certo stile, un certo metabolismo, una certa caratteristica.

Ma possono esserci anche influenze negative sul comportamento dei geni?

Si può intepretare la notizia in maniera allarmante o semplicemente dire che le abitudini alimentari di ogni popolazioni influiscono sulle modalità di regolazione di vari geni.

Che cosa succede se mangiamo cose diverse rispetto agli alimenti che abbiamo sempre mangiato tradizionalmente?

Non esiste il pedigree di quello che mangiamo. Tutto quello che noi italiani stiamo consumando in questo istante in stragrande maggioranza non viene dal bacino del Mediterraneo ma dall’America. Siamo ancora dei neofiti per quel che riguarda il consumo di patate, pomodori, peperoni, mais, soia, riso. Continuamente arrivano specie nuove. Abbiamo assistito allo sbarco dei kiwi in Italia, un frutto che non esisteva da noi fino a poco tempo fa e del quale adesso l’Italia è un grande produttore. I cambiamenti nella dieta avvengono continuamente.

Se tutto quello che mangiamo influisce a un qualche livello sui nostri geni, anche gli organismi geneticamente modificati possono avere effetti simili?

Non ne sarei né sorpreso né terrorizzato perché, a partire dal grando duro della pasta che consumiamo, le modifiche genetiche subite dai cibi che consumiamo normalmente sono almeno quattro volte più abbondanti rispetto a quelli che chiamiamo Ogm. Sono specie vegetali bombardate da radiazioni mutagene che causano la modifica della regolazione di almeno 8.000 geni. Stiamo consumando in questo momento più di 2.500 varietà di prodotti vegetali modificati attraverso questa tecnologia. Uno stesso frutto rimane sugli scaffali dei supermercati per 7-8 anni, poi geneticamente cambia. Non è vero che teniamo cultivar vecchie di secoli, in realtà selezioniamo costantemente.

Mi sta dicendo che il cambiamento che noi tanto temiamo, Ogm inclusi, non ci deve spaventare?

Le spighe di grano erano altre un metro e mezzo durante la Seconda Guerra Mondiale, adesso sono altre 80 cm. L’abbassamento delle spighe è il frutto di una serie di mutazioni operate in maniera casuale al solo fine di ottenere una specie di grano più produttiva. Per gli Ogm vengono prese le stesse misure di sicurezza che si adottano con i farmaci, mentre quel grano non è mai entrato in un trial di valutazione. Lì bastava migliorare la resa e il prodotto veniva immesso subito sul mercato senza bisogno di validazione.

Quindi quello che mangiamo è potenzialmente tutto a rischio?

Nessuno ha mai provato la pericolosità, chessò, di una carota somministrandola ad animali da esperimento e valutando 500 parametri come si fa con gli Ogm. Se così si facesse con tutti gli alimenti oggi probabilmente non potremmo consumare fagioli e patate perché, se non vengono cotti, contengono tossine estremamente pericolose. A mia memoria il riso, protagonista di una delle interazioni individuate nella ricerca, non ha mai provvocato stragi alimentari. Ma il kiwi, che citavamo prima, ne avrebbe potute provocare. Ci sono classi di popolazione che sono pesantemente allergiche al kiwi. La ricerca cinese è insomma interessante e importante, ma se dovessi individuare seri rischi per la salute comincerei da cose più semplici.

Per esempio?

Le nostre diete ci dimostrano che noi non siamo adatti a mangiare tanti carboidrati e tanto zucchero. La sovradisponibilità di zuccheri e carboidrati sta di fatto causando l’epidemia di obesità a cui assistiamo.

(fonte: Panorama.it) 

 

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