Archeologia arborea, salvata frutta del Rinascimento

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Agronoma, ha alle spalle trent’anni di appassionata ricerca di antiche varietà locali di piante da frutto, ha salvato e conservato oltre cento varietà antiche, è presidente della Fondazione di Archeologia Arborea, a San Lorenzo di Lerchi, in Comune di Città di Castello, al confine tra Umbria e Toscana. Nel 2005 l’ha scoperta la più famosa rivista colta americana, il New Yorker, che le ha dedicato un ampio articolo, nel 2013 è stata inserita in un documentario prodotto a Hollywood con Bill Pullman sui ‘Fruit Hunters’ (i cacciatori di frutta) come unica rappresentate europea, nel 2016 è finita con la sua storia su un’intera pagina del New York Times, nel gennaio 2017 ha vinto il Premio Internazionale Nonino.

Parliamo di Isabella Dalla Ragione, che abbiamo incontrato e intervistato nella sede della Fondazione.

Ci ha detto: "L’Italia è stato probabilmente il Paese più ricco di biodiversità agricola, soprattutto per quanto riguarda la frutta. Per secoli ha avuto migliaia di varietà. Questo straordinario panorama varietale si sta assottigliando in maniera vertiginosa. Le varietà che ho salvato dalla scomparsa sono le testimoni di un mondo rurale che non c’è più ma che può ancora arricchire la frutticoltura di oggi. Sono convinta che tutto il lavoro di ricerca compiuto in questi trent’anni di attività possa avere un valore straordinario come serbatoio genetico. Abbiamo varietà che hanno resistito per centinaia di anni. Se in futuro si dovessero cercare dei geni per la resistenza si potrebbero prendere da qui”.

"Alcune antiche varietà di pero trovate qui in Umbria – racconta – hanno un’origine vicina alla specie originaria ‘pirus piraster’ arrivata dalla Siria e dalle montagne dell’Irak. L’alta valle del Tevere, dove ci troviamo, è stata sempre un crocevia tra Umbria, Toscana, Marche ed Emilia Romagna. Le varietà di frutta in epoca antica sono state portate qui da ogni dove da agricoltori, pastori, commercianti facendone una zona con una straordinaria ricchezza varietale. Poi c’è un’altra caratteristica fondamentale. I benedettini sono stati in passato degli straordinari agricoltori colti, agronomi e conservatori di diverse varietà di frutta e in Umbria c’erano 90 abbazie benedettine. Alcune sono rimaste, con i loro frutteti, le loro antiche biblioteche. Tra le mele abbiamo qui, nella collezione della Fondazione di Archeologia Arborea, la varietà Panaia e la varietà Conventina che hanno caratteristiche tali da far pensare che potrebbero essere rilanciate. Sono grandi, hanno un bel colore e un sapore straordinario. La storia dell’Annurca, ma anche di altre varietà territoriali, insegna che ciò è possibile".

“Il recupero produttivo delle antiche varietà di pere – prosegue – sarebbe più difficile. La grandezza della pera, ad esempio, era l’ultimo dei pro- blemi dei coltivatori del passato che erano interessati alla durata, alla conservabilità del frutto. Qualche pera antica potrebbe tuttavia essere migliorata, come la Monteleone: ha una buona pezzatura, è una pera invernale come la Decana, arriva dal Millecinquecento e c’è ancora. Come la Fiorentina, molto bella da vedere e adatta ad usi culinari fin dal Rinascimento quando veniva usata in una ricetta con il baccalà e con le carni arrosto. Tra le ciliegie, la Visciola, una varietà acida, è stata recuperata e utilizzata fino a pochi anni fa per la famosa Amarena Fabbri. Era una varietà diffusissima, usata anche negli sciroppi. E’ ricca di antiossidanti, ha più antociani della melagrana e più sorbitolo, ottimo per i diabetici. Se ne faceva anche un aceto. Anche sulle susine ci sarebbe molto da dire, la collezione conta alcune varietà ancora interessanti”.

“Oggi il nostro problema, anche dal punto di vista economico – tiene a precisare Isabella Dalla Ragione – è migliorare il sistema di irrigazione del podere che ospita la collezione. Il cambiamento climatico minaccia anche San Lorenzo di Lerchi. Cerchiamo qualche supporto per poter investire in un impianto all’altezza della situazione.”

La Fondazione di Archeologia Arborea, iniziativa unica in Italia, si è costituita nel marzo 2015. Custodisce un patrimonio genetico vegetale, quindi biologico, ma anche culturale di ricchezza inestimabile che non è andato disperso e di cui oggi è possibile lo studio, la riproduzione e una nuova diffusione. La Fondazione, oltre a prendersi cura della collezione, organizza visite e incontri alla scoperta della biodiversità, promuove attività e progetti nei settori della ricerca scientifica, della tutela e valorizzazione dell’ambiente, del paesaggio rurale, del "patrimonio culturale, artistico e storico e della memoria”. (a.f.)

Maggiori informazioni: www.archeologiaarborea.org/it/

Nella foto, San Lorenzo di Lerchi, sede della Fondazione di Archeologia Arborea

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