Allarme plastica; riciclare non basta, va prodotta meno

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Riciclare la plastica non è la soluzione per contrastare una delle emergenze ambientali più gravi dei nostri tempi: l’inquinamento da plastica. Con una produzione in vertiginosa crescita su scala globale, che raddoppierà i volumi attuali entro il 2025, l’unica possibilità per intervenire in modo risolutivo è ridurre, drasticamente e con urgenza, l’immissione sul mercato di imballaggi in plastica usa e getta.

È quanto emerge dai dati illustrati nel rapporto ‘Plastica: il riciclo non basta. Produzione, immissione al consumo e riciclo della plastica in Italia’ redatto dalla Scuola Agraria del Parco di Monza per conto di Greenpeace in cui viene analizzata la situazione specifica relativa alla sola plastica da imballaggi e all’efficacia del sistema di riciclo nel nostro Paese – e non complessivamente a tutta la plastica immessa sul mercato – per contrastare l’inquinamento da plastica.

‘Riciclare è un gesto importante ma che da solo non basterà a salvare i mari del Pianeta dalla plastica. Le grandi aziende che continuano a fare profitti con la plastica usa e getta sanno benissimo che è impossibile riciclarla tutta ma continuano a produrne sempre di più. È necessario che i grandi marchi si assumano le proprie responsabilità partendo proprio dalla riduzione dei quantitativi di plastica monouso immessi sul mercato’, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

L’Italia è al secondo posto in Europa, dietro la Germania, per plastica prodotta con un immesso al consumo che può essere stimato in 6-7 milioni di tonnellate annue, il 40% delle quali viene impiegato per produrre imballaggi. Nonostante nel nostro Paese il tasso di riciclo degli imballaggi sia cresciuto negli ultimi anni, passando dal 38% del 2014 al 43% del 2017, non è riuscito a bilanciare l’aumento del consumo di plastica monouso: le tonnellate di imballaggi non riciclati sono rimaste sostanzialmente invariate dal 2014 (1,292 milioni di tonnellate) al 2017 (1,284 milioni di tonnellate) e vanificando, di fatto, gli sforzi e gli investimenti per migliorare e rendere più efficiente il sistema del riciclo.

‘Nonostante sia possibile prevedere un incremento del riciclo nei prossimi anni, a causa del consolidamento di meccanismi come la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) o la possibile introduzione di sistemi di deposito su cauzione, è improbabile che si riesca a colmare la differenza tra immesso al consumo e tonnellaggio riciclato’, dichiara Enzo Favoino, ricercatore della Scuola Agraria del Parco di Monza e tra gli autori del rapporto. ‘La direzione principale per affrontare il problema è la drastica riduzione del ricorso alla plastica e la riprogettazione di imballaggi nella direzione della durevolezza e riusabilità prima ancora che della riciclabilità’, conclude Favoino.

Secondo Greenpeace, sono proprio le aziende leader del mercato mondiale a dover fare di più. Per tale motivo l’organizzazione ambientalista nei mesi scorsi ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da più di un milione di persone in tutto il mondo, in cui si chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Unilever, Procter & Gamble, McDonald’s e Starbucks di ridurre drasticamente l’utilizzo di contenitori e imballaggi in plastica monouso. 

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